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Inter-Milan: l’analisi tattica della redazione

18 Ottobre 2020
Inter-Milan: l’analisi tattica della redazione

Il derby Inter-Milan numero 173 della storia se lo aggiudicano i Rossoneri per 2-1. Due giocate consecutive in ripartenza stendono l’Inter in un San Siro surreale per l’assenza di tifo. Ibra migliore in campo a 39 anni e 14 giorni, Leao fattore determinante e Çalhanoglu uomo ovunque. Nell’Inter solo Lukaku e Barella ci credono davvero. Male Eriksen nel finale. Male anche Perisic nonostante l’assist.

Il primo derby post-lockdown se lo portano a casa Stefano Pioli e Zlatan Ibrahimovic. Partita preparata in modo magistrale dal tecnico emiliano, che butta dentro Leao a sorpresa e scombina i piani di Conte, in questa occasione davvero non all’altezza, anche se si potrebbe dire che i due gol del Milan sono arrivati su due ripartenze isolate. La pausa per le nazionali ha sicuramente influito sulla condizione fisica di alcuni giocatori, parsi molto stanchi e non in grado di mantenere un ritmo elevato per tutti i 90 minuti.

E qui esce una delle caratteristiche più discusse e criticate del tecnico salentino. In un arrembaggio finale in cui l’Inter ci ha provato fino alle fine e con 5 cambi a disposizione, perchè effettuarne solo due, di cui uno (Sanchez) all’84 minuto? Niente di tragico, in fin dei conti siamo solamente alla 4a giornata di un campionato in cui, tra protocolli poco chiari e nuovi lockdown alle porte, può davvero succedere di tutto.

Inter schierata con un 3-4-1-2 troppo sbilanciato in avanti e molto precario in difesa, col trio D’ambrosio-DeVrij-Kolarov in totale confusione sulle ripartenze veloci del Milan. Sul rigore assegnato a Ibra troppa foga agonistica di Kolarov, che anziché aspettare il ripiegamento di De Vrij (il migliore della difesa) per un millisecondo in più, il quale avrebbe garantito una copertura ottima, dimostra la sua scarsa predisposizione a difendere dentro l’area e stende lo svedese in modo davvero ingenuo. La battuta del gigante di Rosengard non è granché, e Handanovic è bravo a respingere (anche se la ributta in mezzo, sui rigori non si può fare di più).

Il secondo gol dei Rossoneri, 4 minuti più tardi, è la fotocopia di quanto già successo a Firenze. D’ambrosio completamente inadatto a difendere in arretramento, si fa saltare con la stessa facilità con la quale Ribery lo aveva umiliato contro la Fiorentina. In ritardo ancora Kolarov sulla diagonale profonda (movimento elementare per un difensore abituato alla difesa a 3), l’errore è del reparto difensivo nel suo insieme.

Nonostante la sconfitta, il duello Hakimi-Theo Hernandez, una delle chiavi tattiche della partita, lo stravince l’esterno marocchino, dimostrandosi una costante spina nel fianco per tutta la difesa rossonera, del tutto incapace di contenere le sue avanzate. Per diventare un Top nel ruolo, però, manca ancora qualcosa. Imperdonabile l’errore nel secondo tempo su assist magistrale di Vidal (così così la sua partita). O la si schiaccia forte o la si passa a Lukaku a porta vuota. Chissà come sarebbe andata la partita se quella palla fosse entrata.

Sull’altra fascia nerazzurra nulla di nuovo. Perisic, a parte la palla per il gol di Lukaku, non combina nulla. Finta, contro-finta e palla addosso al difensore il leitmotiv del suo inizio di stagione. In mezzo al campo Brozovic è il solito Brozovic, nel primo tempo in difficoltà sulla verticalità del Milan ma quando si accorge di essere in campo riesce a dare ordine alla manovra nerazzurra.

Capitolo Barella-Eriksen. Piuttosto che schierare il danese, Conte punta su Barella sulla trequarti, e si capisce perchè: corsa, contrasti, qualità, scambi nello stretto. Piano piano sta diventando un giocatore veramente mostruoso. Eriksen è un mistero. Giocatore totale in nazionale, dove non risparmia frecciate al tecnico, un fantasma appena respira l’aria di San Siro. Emblematico di questi ultimi 8 mesi quel passaggio sbagliato sulla linea laterale durante gli ultimi muniti di partita. Gesto tecnico sconcertante per un giocatore che sembra destinato ad andarsene presto.

Gli attaccanti sono sempre la nota positiva dell’Inter. Lukaku segna sempre, protegge, dialoga e ci prova in tutti i modi a pareggiarla. Peccato per quella palla sprecata a tu per tu con Donnarumma nel finale, ma non gli si può sempre chiedere la luna. Lautaro molto propositivo, mette spesso in difficoltà i difensori rossoneri sul primo tocco anche se, come spesso gli capita, si dimostra troppo molle nei contrasti e quando si tratta di concludere a rete.

Il Milan di Pioli entra in campo con un 4-2-3-1 con Kjaer e Romagnoli al centro della difesa e Leao a sorpresa sulla fascia sinistra. Proprio Leao è il fattore decisivo nella sfida tattica tra i due allenatori. Forza fisica importante, rapidità, tecnica, manda al bar D’Ambrosio in occasione del secondo gol di Ibra ed è un costante fastidio per la retroguardia nerazzurra. 

Particolarità di questa partita è il modo in cui i difensori del Milan accettano l’uomo contro uomo sulla propria trequarti. Nessuna paura delle sfide personali, caratteristica che assomiglia alle difese di Gasperini.

Theo Hernandez meno esplosivo del solito, ma forse il colpo subito all’inizio del match lo ha un po condizionato e avrà modo di rifarsi. Sull’altro lato Calabria gioca un bella partita, partecipando all’azione che porta al rigore di Ibra. In copertura però deficita, e infatti proprio dalla sua parte arriva l’azione del gol di Lukaku. In generale si ha l’impressione che il Milan sia ormai una vera squadra, solida e determinata, compatta intorno ai due condottieri Pioli e Ibra.

La verticalità delle azioni rossonere mette in costante affanno i difensori dell’Inter. Come si vede nell’occasione del primo gol, sono bastati 3 passaggi in verticale per annullare 8 giocatori dell’Inter. Calabria, Calhanoglu, Ibra in velocità e nient’altro da dire. Proprio Hakan è l’uomo ovunque del Milan. Svaria su tutto il fronte d’attacco, lancia, si inserisce, copre. Un giocatore completamente differente dall’arrivo di Pioli, che è stato in grado di recuperare una talento mai davvero esploso in Serie A.

Discorso a parte merita un signore di nome Zlatan Ibrahimovic. 39 anni e 14 giorni, una ventina di trofei in bacheca, una rottura del crociato a 37 anni e ancora infermabile. È il giocatore più vecchio ad aver segnato in un derby, e per di più non si limita solo ai gol. Protegge palla e smista esattamente come Lukaku, ma in più sta facendo crescere tantissimi giocatori intorno a lui, dimostrando il solito carisma. Ha proprio ragione quando cita Francis Scott Fitzgerald e si paragona a Benjamin Button, e sembra che in questa Serie A possa giocare fino a 45 anni. Oggi il Re di Milano è lui, inutile negarlo.

In generale l’Inter, sia come rosa che come progetto, rimane molto superiore al Milan. La spiegazione di questa sconfitta va ricercata semplicemente del modo in cui questa partita è stata preparata. Pioli ha fatto meglio di Conte. Punto. Gli impegni con le nazionali hanno sicuramente influito, visto che molto più giocatori dell’Inter sono partiti rispetto a quelli rossoneri. Tuttavia non ci possono, anzi, non ci devono essere alibi per una squadra che punta a vincere tutto. E sulla carta può vincere tutto.

La stagione non è compromessa assolutamente, figuriamoci, ma 8 gol subiti in 4 partite iniziano ad essere tanti. 

Secondo voi come si sarebbe dovuto comportare Antonio Conte? E come andrà questa particolare stagione? Fatecelo sapere…

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