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La vittoria dell’umiltà e del sacrificio

12 Aprile 2021
La vittoria dell’umiltà e del sacrificio

L’undicesima vittoria consecutiva in Serie A (prima squadra nella storia a vincere le prime 11 gare del girone di ritorno) avvicina ulteriormente l’Inter al diciannovesimo scudetto della sua storia. Un match che, come preventivabile alla vigilia. si è rivelato molto duro.

Del resto il Cagliari si presentava al “Meazza” in una situazione di classifica disperata, aggravata dalla vittoria del Torino alla “Dacia Arena” nell’anticipo serale del sabato. Ne è uscito un primo tempo stile Inter-Shaktar Donetsk, in cui gli ospiti hanno difeso molto bassi cercando di chiudere tutte le linee di passaggio al centrocampo “tutta qualità” schierato da Antonio Conte. Proprio come il 9 dicembre contro gli ucraini, la prima frazione si è chiusa a reti bianche. Addirittura Nainggolan, nel finale di frazione, aveva provato a giocare il più classico “scherzetto dell’ex”. Molti tifosi da casa, innervositi dal disservizio di Dazn, iniziavano a pensare che quella di ieri potesse essere la più classica domenica da “X”.

E lo sarebbe stata se sulla panchina dell’Inter non ci fosse seduto un certo Antonio Conte. Uno che, per sua stessa ammissione, “è ossessionato dalla vittoria”. Ed è anche grazie alla grinta del suo allenatore a bordocampo che l’undici nerazzurro non si è perso d’animo ed ha continuato a tessere la tela alla ricerca del varco giusto. Un varco che viene trovato al 77′ grazie ad una grandissima azione (alla faccia di chi ha sempre da ridire sul gioco) iniziata da Hakimi, rifinita da un grande Lukaku e chiusa dal tap-in di Matteo Darmian. Il fatto che è stato proprio il numero 36 a decidere la gara di ieri è una chiara dimostrazione di come il tecnico nerazzurro sia riuscito a tirare fuori il massimo da ogni giocatore che ha allenato in questi due anni in nerazzurro.

MATTEO DARMIAN, L’UOMO DI CONTE

L’ex Manchester United era arrivato tra lo scetticismo generale del tifo nerazzurro. Fin dalle prime gare però Matteo ha mostrato una duttilità tattica ed una abnegazione fuori dal comune. Nonostante non fosse un titolare fisso della squadra, ha sempre dato il 110% ogni volta che è entrato in campo, anche quando era chiamato a sostituire un giocatore del calibro di Hakimi. Le sue prestazioni andrebbero fatte visionare a qualche giocatore passato da Appiano negli anni scorsi che, seppur talentuoso, pensava troppo con “l’io” e non con “il noi”. C’è una chiara immagine nella domenica del “Meazza” che non può essere ignorata: Ivan Perisic che entra in campo per primo ad abbracciare l’autore del goal. Sì, proprio quel Perisic che qualche anno fa si metteva in disparte durante la foto di gruppo perchè non vedeva l’ora di essere ceduto. Ora, invece, è il primo a sostenere i suoi compagni quando non è nel rettangolo verde. Perchè per tornare ad essere credibili e di conseguenza riconquistare trofei, bisognava tornare ad essere un gruppo prima di tutto. E l’Inter di oggi più che un gruppo è una grande famiglia, come dimostra l’altra immagine copertina del pomeriggio nerazzurro: il bacio di Conte ad Hakimi dopo il goal. Con questo spirito, nulla è impossibile!

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